Recentemente è venuto a trovarci nella nostra sede, qui in Italia, Javier Oroz, proprietario produttore di Santo Cuviso Bacanora, il nuovo arrivato nel portfolio di 1492 Coloniale Group. Ne abbiamo approfittato per fare una chiacchierata sul suo brand, sul prodotto e sulla storia di proibizionismo e resilienza che si cela dietro le sue bottiglie. Un racconto avvincente che arriva dritto al cuore di Sonora.
Alla ricerca della cultura messicana e delle tradizioni di Sonora
Originario di Sonora, uno stato semi-desertico nel nord-ovest del Messico, a sud degli Stati Uniti, sotto l’Arizona, Javier Oroz viene da una famiglia di proprietari di ranch e fattorie che, di generazione in generazione, si è sempre dedicata all’agricoltura e all’allevamento.
Il mio bisnonno, mio nonno e mio padre, hanno dedicato tutta la loro vita all’agricoltura e all’allevamento. Ma io, per qualche strana ragione, ho deciso di non seguire quella carriera.
A 25 anni Javier si trasferisce a Città del Messico, decide di intraprendere un percorso di studi in legge, diventa avvocato e inizia a lavorare per diverse compagnie di assicurazioni che lo portano a viaggiare in tutto il paese e conoscere sempre di più il Messico, la sua storia culturale e gastronomica.
Dopo diversi anni di viaggi e carriera, però ho iniziato a sentire che mi mancava qualcosa. Desideravo tornare alle mie radici, a Sonora, e ritrovare quella tradizione che sentivo di aver un po’ perso.
Ed è proprio nel Bacanora che trova l’occasione per ristabilire questo legame con la sua famiglia e per tornare ad essere un membro orgoglioso dello stato di Sonora, portando una delle massime espressioni di questa cultura fuori dal Messico, all’estero e in Italia.
Un distillato resiliente: dal proibizionismo, alla denominazione di origine
Bacanora è molto più di uno spirits, molto più di un semplice liquido. Bacanora è un patrimonio, una tradizione, oltre che storicamente simbolo di resilienza – dice Javier.
Ed ecco il perché.
Nel 1915, a Sonora, così come in molti altri stati del Messico, la seconda attività economica più importante era proprio la produzione di mezcal. Con la rivoluzione messicana, per ragioni politiche e ideologiche, questa produzione iniziò ad essere proibita e punita. Eppure le persone continuarono a produrlo e consumarlo in clandestinità fino al 1992, quando fu nuovamente legalizzato.
Immagina. Quando eravamo bambini, vedevamo le nostre famiglie consumare Bacanora, pur sapendo che era illegale. Piuttosto eccitante, vero? Di solito lo facevano in momenti speciali: quando nasceva un bambino, in occasione di un matrimonio o di un funerale. Era in quei momenti che i nostri anziani si recavano sulle alture di Sonora per ordinare a qualcuno di fiducia una bottiglia speciale di Bacanora. Era il nostro modo di festeggiare.
Penso che questo rifletta un po’ la cultura del popolo di Sonora – spiega Javier – , un popolo resiliente, cresciuto in una terra difficile, semi-desertica e che ha dovuto superare molti ostacoli per continuare a difendere strenuamente questa espressione della propria cultura.
Nel Duemila, al Bacanora fu attribuita la Denominazione di Origine (DO) e, attualmente, si tratta dell’unico stato in cui è legalmente consentito chiamare il distillato con questo nome.
Da avvocato viaggiatore, a produttore di Bacanora nel deserto di Sonora
A questo punto siamo curiosi di sapere cosa porti un avvocato di successo a cambiare vita e aprire una distilleria nel bel mezzo del deserto di Sonora.
È stato solo quando mi sono trasferito lontano dalla mia terra che ho davvero compreso tutta questa cultura degli spirits di agave in Messico e ho capito che Sonora riveste un ruolo unico tra i mezcal e tra gli spirits all’agave, non solo come espressione delle nostre tradizioni, ma anche per il nostro terroir.
All’inizio ero solo un appassionato. Collezionavo bottiglie di vari brand di Bacanora non solo per degustarli, ma perché mi interessava capire tutto ciò che stava dietro la produzione di questo distillato.
Stavo appunto cercando una bottiglia di Bacanora di cui mi ero innamorato e ho scoperto che veniva prodotta da un tedesco in pensione che viveva a San Miguel de Allende, nel centro del Messico. È stato lui a raccontarmi della storia di un gesuita tedesco che, arrivato a Sonora nel Settecento per convertire la tribù indiana Ópata, venne a conoscenza di un loro rimedio sacro, chiamato “cuviso”, fatto appunto fermentando l’agave. Quel rimedio era utilizzato per curare qualsiasi cosa: dal mal di testa, ad una ferita per una caduta da cavallo, al morso di scorpione. Questa storia mi ha affascinato talmente tanto che abbiamo deciso di collaborare per darle nuova vita.
E la tua famiglia cos’ha detto quando hai comunicato che tornavi al ranch per aprire una distilleria?
Il ranch della mia famiglia copre 7mila ettari nel sud dello stato nel comune chiamato Quiriego, un territorio che, per un caso fortunato, si trova proprio all’interno della denominazione di origine. Così sono andato da mio padre e gli ho detto “Sai, ci sarebbe un altro modo in cui possiamo usare il ranch per un’attività diversa…”. All’inizio ovviamente era scettico. Poi ho convinto la mia sorella minore ad entrare nel progetto, abbiamo iniziato a costruire la distilleria, hanno incominciato ad arrivare visitatori dal Messico, dall’Europa, dall’Asia, dagli Stati Uniti. È stato a quel punto che mio padre ha capito che il progetto era serio e si è pienamente convinto.
E quindi, grazie al Bacanora, tutta la famiglia si è riunita.
La produzione del Santo Cuviso tra difficoltà e soddisfazioni
Vista la storia di proibizionismo che c’era alle spalle e le note restrizioni sulla categoria dei distillati in Messico, immaginiamo non sia stato facile diventare imprenditore nel tuo paese…
A dire il vero, essendo il Bacanora una categoria meno conosciuta rispetto al mezcal, non è stato difficile di per sé avviare l’impresa. La difficoltà principale è stata piuttosto quella logistica. Il ranch, infatti, si trova a un’ora dalla città grande più vicina, in mezzo alle montagne e non è facile da raggiungere. L’approvvigionamento idrico, il trasporto di materiale, attrezzatura e prodotti e, banalmente far venire a lavorare le persone in un posto del genere non è semplice. E poi, sì, c’è tutta la burocrazia necessaria a ottenere l’approvazione alla vendita locale del prodotto. Eravamo nel bel mezzo della pandemia da Covid19 e alcuni uffici governativi erano chiusi, quindi non potevamo ricevere le ispezioni necessarie per l’approvazione dell’etichetta. A quel punto abbiamo deciso di aggirare il problema e muoverci al contrario, iniziando a vendere il nostro prodotto prima all’estero – Stati Uniti ed Europa – e poi nel nostro paese. È stato così che abbiamo iniziato. Qui certo, ci sono stati diversi ostacoli, ma nulla che la passione non possa vincere.
Ed essere un avvocato ti ha aiutato in questo?
Oh sì, certamente. La conoscenza della legge mi ha aiutato a capire l’ambiente, a sapere come rapportarmi con il governo e in che modo sfidarlo quando ricevevo risposte negative. E anche ad essere molto paziente. Ci risponde con un sorriso.
Torniamo alla distilleria.
Come siete organizzati? Come funziona la vostra vita quotidiana?
In base alla normativa, per produrre Bacanora è necessario usare solo agave della varietà “angustifolia” della sottovarietà “pacifica”, endemica della regione di Sonora, un agave selvatico con un livello di zucchero che deve essere sufficientemente adatto alla cottura, alla fermentazione e alla distillazione.
Noi, in questi cinque anni di attività abbiamo usato solo agave selvatica. Ma adesso, oltre al nostro ranch, in cui abbiamo costruito la distilleria, abbiamo preso anche un altro terreno che chiamiamo “la fattoria” in cui coltiviamo più di 100.000 agavi. Da quest’anno quindi inizieremo a raccogliere il nostro primo lotto di agave coltivate che saranno sicuramente più grandi e con un contenuto di zucchero più alto. Una produzione 100% sostenibile di cui andiamo molto fieri.
Dal campo alla bottiglia: come si produce il sacro rimedio blanco
Javier di ci dà un po’ di numeri per capire: ogni 10 kg di pianta agave, si ottiene circa 1 litro di Bacanora. Quindi da una pianta di Agave Pacific grande, che pesa all’incirca 25 chili, è possibile ottenere circa due litri di prodotto. Già da questo possiamo intuire che di piante bisogna averne molte.
Prima di tutto individuiamo le agavi mature, le raccogliamo, le portiamo al nostro forno conico sotterraneo – in grado di contenere circa tre tonnellate di prodotto – e lì le cuociamo per tre giorni. Le piante così cotte vengono poi tagliate e messe a fermentare in serbatoi di pino per 8, 10 giorni. Dopo di che il prodotto così fermentato viene portato nell’alambicco per subire due processi di distillazione ed essere, infine, imbottigliato.
Sappiamo che Sonora non è un territorio facile per le coltivazioni. Quanto incide il clima desertico nella vostra produzione?
Moltissimo. Sonora è un paese dove normalmente c’è estremo caldo o estremo freddo. E per tutta la lavorazione della pianta il meteo è fondamentale. Bisogna stare molto attenti. Se fa troppo caldo, troppo freddo o se piove, non è possibile produrre perché influenzerà molto il risultato. Non è facile insomma.
Il futuro del Bacanora sul mercato
Negli ultimi anni la percezione del mercato riguardo a questa categoria è decisamente cambiata.
Javier come vedi il futuro del Bacanora nel nuovo panorama agave che in Europa sta prendendo sempre più campo?
Innanzitutto devo dire che, dopo che il Bacanora è uscito dalla clandestinità, siamo stati abbastanza fortunati perché tequila e mezcal stavano crescendo molto velocemente nel mondo. Noi siamo arrivati in un momento in cui i consumatori erano già molto più edotti riguardo agli spirits all’agave. Oggi queste bottiglie si vedono in tantissimi bar in tutto il mondo e le persone sono sempre più curiose di scoprire questo prodotto proibito per 77 anni. Sono quindi molto fiducioso per il futuro e penso che ci sia ancora tanto da far scoprire agli appassionati.
Bacanora è un mezcal unico. È lo spirito unico di Agave del nord del Messico, l’espressione liquida di uno spirito resiliente messa in bottiglia.
Assolutamente da provare.